I
Zeus (osservando il cielo stellato dall’alto dell’Olimpo): “Fa proprio un freddo cane qua sopra. Ho dimenticato di accendere il fuoco. Figlia mia” (rivolto ad Atena), “stasera ceniamo in casa di Alice.”
Atena: “Alice? È andata con Nettuno in discoteca e ha dimenticato il gas della stufa aperto. A momenti soffocava tutto l’Olimpo. Sai dov’è Cupido?”
Zeus: “L’hanno chiamato a Troia. Quella grandissima figlia di buona madre di Elena dice che si sentiva sola e depressa e aveva bisogno di cavalcare con uno stallone di razza per fare impazzire di gelosia Ade. Quella è figlia dell’inferno! A proposito, hai saputo che Ulisse s’è invaghito delle Sirene e che quelle, impauritesi, stavano per chiamare la polizia?” (Rivolgendosi poi alle sue tre aquile) “Voi siete la mia luce… Vulcano, Vulcano hai pagato la bolletta dell’energia elettrica? Non vorrei che il monte sacro piombasse nel buio costringendoci a ricorrere ai dardi del cielo per illuminare la spelonca.”
Atena: “Padre, ho sentito parlare di un certo Polifemo. Che tipo è?”
Zeus: “È un amico intimo di Odisseo. Figurati, mia cara, che un giorno, mentre il nostro Ulisse navigava nelle acque che bagnano la terra dei Ciclopi, per poco Polifemo non l’ha affondato miseramente scagliandogli addosso un gigantesco sasso. Comunque, Odisseo con la storia del cavallo di legno si è salvato, come si suol dire, in calcio d’angolo. Ma lo sai che quando fa all’amore si mette una benda sugli occhi?”
Atena: “E perché?”
Zeus: “Dicono i maligni che egli invochi i santi del paradiso per non vedere i segni del peccato. E dicono pure che sia un maniaco.”
Atena: “Ma come cazzo ha fatto a superare le Colonne d’Ercole?”
Zeus: “L’ho aiutato io. Mi scrisse una lettera in cui manifestava il suo proposito. La spedì a gennaio e mi pervenne ad agosto perché quel pirla di Mercurio che doveva consegnarmela, non riusciva a ricordare la strada dell’Olimpo. Prima di riuscirci ha girato sette mesi per le montagne del Peloponneso senza capire minimamente dove minchia fosse. Stasera che facciamo, figliola? Ti va un po’ di ginnastica a porte chiuse?”
Atena: “Ma padre! Hai sempre il pidocchio in testa. Stasera veramente aspettavo Edipo, però, se proprio insisti… chiudi la porta.”
Da lì a poco una tempesta magnetica spaventosa si scatenò sul monte Olimpo e il Pelide Achille commentò: “Il vecchio lupo perde il pelo ma non il vizio.” E se ne andò a dormire.
II
Marte (mettendosi l’elmo di bronzo): “Questa guerra sembra una partita a biliardo, soltanto che qui le palle stanno in un altro posto. Ma com’è possibile che dopo aver cavalcato due giorni e due notti sono sempre davanti alla stessa montagna? Dovrei chiederlo a quel saggio… come si chiama… ah sì, Platone. Una volta m’invitò a cena e a tavola servì serpi velenose. Disse che tu, Heros, eri rimasto solo sull’Olimpo e t’eri messo a fare un solitario con le sette Muse. Valla a capire certa gente.”
(Rivolgendosi poi al sole e ai diecimila soldati che guerreggiavano nella pianura): “Qui s’immola la bellezza e la forza. Gli dei vogliono il sangue degli eroi e la vittoria dei coraggiosi. Dov’è il Pelide Achille?”
Heros: “Si trova sulla spiaggia con Venere. L’altra notte, verso le 2, bussarono alle porte dell’Olimpo informandomi che Troia era stata trasformata in una frenetica discoteca con annessa un’immensa piscina. Mi dissero pure che quella sciantosa di Elena girava in minigonna, a ritmo di blues, in mezzo alla carneficina dei guerrieri caduti.”
Apollo: “Fermo! Non uccidere il re di Troia. Egli mi ha dedicato un simulacro di oro massiccio che ha innalzato sulle mura impietose. Si sostiene che io sia il più bello di tutte le divinità olimpiche… il che è vero. Lo sai, compare, che sono stato a letto con Aiace Telamonio? E sai cosa mi disse dopo? Sei meglio di una femmina in calore, ma non dirlo a tuo padre o ci scanna vivi.”
Heros: “E Cesare dove lo metti? Quello per una notte di orge si fa espellere dall’Impero Romano. Minchia, ma quanto sei brutto Tersite… pure gobbo sei. Qua, comunque, comanda l’invisibile.”
Apollo: “Ma ti sembra invisibile quel gran pezzo di fica di Venere? Guardala, è ancora sulla spiaggia che geme sotto i colpi poderosi di Achille.”
Marte (asciugandosi il sudore della fronte): “Ma quando cazzo la finiscono di mozzare teste? Adesso le cose si sono complicate troppo e mi sono stancato. E dato che loro non se ne vanno, me ne vado io.” (Detto fatto, balza su una giumenta galoppando via ad altissima velocità).
Heros: “Hei! Dove stai andando?”
Marte: “Voglio una vita spericolata… voglio una vita piena di guai…”
Ade: “Ma chi è?”
Zeus: “Mio figlio, il dio della guerra!”
Ade: “E dove va?”
Zeus: “Là dove esistono gli uomini.”