Allegre avventure dall’Olimpo

Allegre avventure dall'Olimpo - Un racconto di Antonio Carasi

I

Zeus (osservando il cielo stellato dall’alto dell’Olimpo): “Fa proprio un freddo cane qua sopra. Ho dimenticato di accendere il fuoco. Figlia mia” (rivolto ad Atena), “stasera ceniamo in casa di Alice.”
Atena: “Alice? È andata con Nettuno in discoteca e ha dimenticato il gas della stufa aperto. A momenti soffocava tutto l’Olimpo. Sai dov’è Cupido?”
Zeus: “L’hanno chiamato a Troia. Quella grandissima figlia di buona madre di Elena dice che si sentiva sola e depressa e aveva bisogno di cavalcare con uno stallone di razza per fare impazzire di gelosia Ade. Quella è figlia dell’inferno! A proposito, hai saputo che Ulisse s’è invaghito delle Sirene e che quelle, impauritesi, stavano per chiamare la polizia?” (Rivolgendosi poi alle sue tre aquile) “Voi siete la mia luce… Vulcano, Vulcano hai pagato la bolletta dell’energia elettrica? Non vorrei che il monte sacro piombasse nel buio costringendoci a ricorrere ai dardi del cielo per illuminare la spelonca.”
Atena: “Padre, ho sentito parlare di un certo Polifemo. Che tipo è?”
Zeus: “È un amico intimo di Odisseo. Figurati, mia cara, che un giorno, mentre il nostro Ulisse navigava nelle acque che bagnano la terra dei Ciclopi, per poco Polifemo non l’ha affondato miseramente scagliandogli addosso un gigantesco sasso. Comunque, Odisseo con la storia del cavallo di legno si è salvato, come si suol dire, in calcio d’angolo. Ma lo sai che quando fa all’amore si mette una benda sugli occhi?”
Atena: “E perché?”
Zeus: “Dicono i maligni che egli invochi i santi del paradiso per non vedere i segni del peccato. E dicono pure che sia un maniaco.”
Atena: “Ma come cazzo ha fatto a superare le Colonne d’Ercole?”
Zeus: “L’ho aiutato io. Mi scrisse una lettera in cui manifestava il suo proposito. La spedì a gennaio e mi pervenne ad agosto perché quel pirla di Mercurio che doveva consegnarmela, non riusciva a ricordare la strada dell’Olimpo. Prima di riuscirci ha girato sette mesi per le montagne del Peloponneso senza capire minimamente dove minchia fosse. Stasera che facciamo, figliola? Ti va un po’ di ginnastica a porte chiuse?”
Atena: “Ma padre! Hai sempre il pidocchio in testa. Stasera veramente aspettavo Edipo, però, se proprio insisti… chiudi la porta.”
Da lì a poco una tempesta magnetica spaventosa si scatenò sul monte Olimpo e il Pelide Achille commentò: “Il vecchio lupo perde il pelo ma non il vizio.” E se ne andò a dormire.

II

Marte (mettendosi l’elmo di bronzo): “Questa guerra sembra una partita a biliardo, soltanto che qui le palle stanno in un altro posto. Ma com’è possibile che dopo aver cavalcato due giorni e due notti sono sempre davanti alla stessa montagna? Dovrei chiederlo a quel saggio… come si chiama… ah sì, Platone. Una volta m’invitò a cena e a tavola servì serpi velenose. Disse che tu, Heros, eri rimasto solo sull’Olimpo e t’eri messo a fare un solitario con le sette Muse. Valla a capire certa gente.”
(Rivolgendosi poi al sole e ai diecimila soldati che guerreggiavano nella pianura): “Qui s’immola la bellezza e la forza. Gli dei vogliono il sangue degli eroi e la vittoria dei coraggiosi. Dov’è il Pelide Achille?”
Heros: “Si trova sulla spiaggia con Venere. L’altra notte, verso le 2, bussarono alle porte dell’Olimpo informandomi che Troia era stata trasformata in una frenetica discoteca con annessa un’immensa piscina. Mi dissero pure che quella sciantosa di Elena girava in minigonna, a ritmo di blues, in mezzo alla carneficina dei guerrieri caduti.”
Apollo: “Fermo! Non uccidere il re di Troia. Egli mi ha dedicato un simulacro di oro massiccio che ha innalzato sulle mura impietose. Si sostiene che io sia il più bello di tutte le divinità olimpiche… il che è vero. Lo sai, compare, che sono stato a letto con Aiace Telamonio? E sai cosa mi disse dopo? Sei meglio di una femmina in calore, ma non dirlo a tuo padre o ci scanna vivi.”
Heros: “E Cesare dove lo metti? Quello per una notte di orge si fa espellere dall’Impero Romano. Minchia, ma quanto sei brutto Tersite… pure gobbo sei. Qua, comunque, comanda l’invisibile.”
Apollo: “Ma ti sembra invisibile quel gran pezzo di fica di Venere? Guardala, è ancora sulla spiaggia che geme sotto i colpi poderosi di Achille.”
Marte (asciugandosi il sudore della fronte): “Ma quando cazzo la finiscono di mozzare teste? Adesso le cose si sono complicate troppo e mi sono stancato. E dato che loro non se ne vanno, me ne vado io.” (Detto fatto, balza su una giumenta galoppando via ad altissima velocità).
Heros: “Hei! Dove stai andando?”
Marte: “Voglio una vita spericolata… voglio una vita piena di guai…”
Ade: “Ma chi è?”
Zeus: “Mio figlio, il dio della guerra!”
Ade: “E dove va?”
Zeus: “Là dove esistono gli uomini.”

III

Bacco (addentando una coscia di capretto e tracannando vino da un cratere): “Bevete fratelli… divertitevi! Oggi è un giorno felice. È la mia festa… le Baccanali. Ma dov’è Heros?”
Cronos: “Eccolo lì, dietro quell’altare.”
Bacco: “Figliolo che hai… perché sei così triste?”
Heros: “Mi hanno lasciato solo… ecco cos’ho…”
Bacco: “Ma com’è possibile, per Zeus… ehm… scusa padre. Proprio oggi che è festa. Forza ragazzi, fate divertire Heros.”
Diana: “Vieni Heros. Andiamo nella foresta… staremo più tranquilli. Tu scaglia le tue frecce e io dalla mia faretra scaglierò i miei dardi per uccidere i tuoi nemici.”
Cronos: “Minchia che bordello c’è oggi! Tutta l’Ellade è pervasa da Bacco e dalle sue orge. Devo andare in Svizzera a sistemare un po’ i calendari. Non vorrei che queste feste fossero senza fine.”
Diana (cavalcando Heros): “Visto che va meglio? Lo sai mio caro cosa ha fatto il titano Prometeo? Le divinità olimpiche tutte, avevano addosso un fuoco ancestrale che illuminava l’intero universo. Ebbene, egli lo ha rubato e ne ha fatto dono ai mortali… dio ce ne liberi! Zeus, incazzato come una bestia, lo ha fatto imprigionare su una rupe altissima dove un’aquila gigantesca gli estirpa il fegato, che poi gli ricresce e l’aquila glielo stacca di nuovo… così eternamente. Hai capito mio divino che razza di tredici ha fatto Prometeo al totocalcio?”
Bacco: “Ercole è sceso all’inferno e, per nostra fortuna, non lo vedremo prima della fine dell’anno. Dicono i saggi che la storia del leone abbattuto dalla sua titanica forza sia una cazzata simile a quelle che si sentono dire al parlamento olimpico. Per adesso è cambiato solo il colore del tuo basso ventre, Heros caro.”
Cronos (rivolgendosi a Teti, madre di Achille): “Ma come è possibile che milioni di anni fa avevo davanti ai miei occhi questo viso, e oggi è ancora qua… sempre lo stesso… Vuoi vedere che la storia dell’immortalità dell’anima è proprio vera?”
Bacco: “Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più bello del reame?”
Heros: “Vattene a dormire Bacco che sei ubriaco fradicio. Mi ha detto Lesbo che da quando ti ha conosciuto riesce a godere solo con le fanciulle.”
Bacco: “E non le basta? Dille che si metta a fare poesia e di non rompere!”
Cronos: “Smettetela di blaterare. Non sentite che silenzio c’è adesso? Poco fa ho udito solo il vagito di un bimbo… si chiama Uomo…”

IV

Zeus: “Oggi è davvero una splendida giornata! Prepara un bel caffè, Heros.”
Heros: “Non c’è più caffè, padre onnipotente. Sono bruciate tutte le piantagioni del pianeta…”
Zeus: “Bruciate? E come?”
Heros: “Ti ricordi che per 8 mesi non ha piovuto e ha dominato un sole cocentissimo?”
Zeus: “Sellatemi Pegaso! Voglio fare una cavalcata verso le nuvole per verificare il buco dell’ozono.”
Medusa: “Pegaso è in scuderia immobilizzato. Quel testone di Icaro ha provato di nuovo a raggiungere il sole e stavolta c’è andato di mezzo il tuo divino puledro. Comunque… questo specchio mi fa ancora più mostruosa. Un giorno o l’altro devo andare dal parrucchiere, questi serpenti che ho in testa sono diventati insopportabili.”
Erinni: “Noi tessiamo il destino dell’umanità. Siamo qui nel profondo dell’Ade a contorcerci di dolore per i peccati della genìa umana.”
Medusa: “Vuoi vedere che un giorno di questi inventano l’atomica? Ho sentito parlare di un certo Archimede, dice che ne sa una più del diavolo. A proposito, come gli è finita a Faust? Marte mi ha detto di averlo notato in compagnia del gobbo di Notre Dame… facciamo gli scongiuri!”
Zeus: “Mercurio, ma a chi minchia stai scrivendo? Sono trent’anni che scrivi su quel papiro.”
Mercurio: “Al re di Persia. Mi disse che aveva perso le sue 200 tigri malesi e che le 12 mogli l’avevano cornificato. Si è rivolto a me per avere un consiglio, ma mi sa tanto che Cronos si stia divertendo alle sue spalle.”
Dide: “Qui traghettano le anime dell’umanità… qui serpeggiano le colpe del destino infame degli uomini. Io sono il labirinto dell’anima… ma toglietemi Cerbero di dosso! Questo cagnaccio è pieno di cimici.”
Erinni: “Noi siamo il Fato, la Vita e la Morte. Vedi questi fili, Heros? Appena se ne spezza uno muore una vita. Perché non ridi mai padre onnipotente?”
Zeus: “Ho fatto un errore, ho creato l’uomo imperfetto… ma egli pensa l’opposto. Io sono la Luce, ma sono anche le Tenebre. Sono l’origine di tutte le cose. Distruggetemi e distruggerete voi stessi.”

Antonio Carasi

Altri racconti