L’Isola dei Cani
Anno VIII – Marzo 1992
4ª puntata: Gigi Tripiciano
“A differenza degli altri individui fin qui rappresentati – esordisce Carasi – ho conosciuto Gigi Tripiciano molto prima che iniziassi a lavorare nel mondo dell’etere. Circostanza che mi porta ad affermare che nella vita avvengono fatti che dovevano succedere per forza.”
– E cosa ha avuto di fatale il tuo incontro con Tripiciano?
“Egli mi permise di escogitare il mio personaggio in certi ambienti siracusani precedentemente al mio ingresso nelle radio.”
– Puoi essere più chiaro?
“Uscivamo insieme e frequentavamo luoghi di incontro come piazza Adda dove ci intrattenevamo a discutere e lui nel miei confronti è sempre stato un quasi signore.”
– Che accidenti vuol dire “quasi signore”?
“Che non è stato un signore in assoluto, ad esempio nel periodo dell’attività a Radio Regione quando non mi permetteva di alzare troppo la voce.”
– Intendi che Tripiciano è un poco pavido?
“Intrinsecamente questo individuo coltiva una sorta di fobia, di paura che gli deriva dal passato e che si trascina nel presente avendo timore di esporsi e di azzardare fino in fondo.”
– E che ne dici del Tripiciano ideatore di telefonate burla spacciandosi persino da prete?
“Non gli conoscevo queste capacità camaleontiche di trasformarsi in telefonista e di rompere le scatole al prossimo.”
– Segno che non lo conosci abbastanza.
“Lo conosco, lo conosco. Solo che ci sono particolari che si possono dire e altri che non si possono dire.”
– Allora se lui è un quasi signore tu sei un quasi sincero.
“Se proprio lo vuoi sapere Gigi Tripiciano è un caro amico finché non sbaglia.”
– Ma errare non è umano?
“È umano se non si intacca la vita altrui e lui mi ha chiesto cose incredibili come organizzare delle scene fantasmagoriche sull’Ispettore Callaghan basate sullo spazio temporale e la quarta dimensione.”
– Ma Callaghan, il famoso personaggio interpretato da Clint Eastwood è un ispettore di polizia, che diavolo c’entra la quarta dimensione?
“Il Callaghan che voleva da me Tripiciano erano cazzi amari interpretarlo, anche perché alla fine pure lui, come Michele Cortese, se n’è uscito con un caffè, “te ‘ca trimmila liri” e arrivederci.”
Antonio Carasi &
Carmelo Maiorca