Parte I
La Sicilia è terra di brividi caldi, di luce e di mare. Il suo tempo storico si perde nei meandri della memoria dell’universo e il suono dei timpani classici, che una volta circondavano i giganteschi ulivi che attorniano le montagne, si sente ancora riecheggiare nei cunicoli angusti di profonde gole, nei luoghi mitici di contrade e cittadine.
Erano quasi le 4 di una notte qualsiasi, quando una volante della polizia passando accanto alla Fonte Aretusa notò qualcosa di strano in un punto della ringhiera prospiciente il mare. Quello che da lontano sembrava un involucro si rivelò in tutto il suo agghiacciante orrore: un corpo di donna riverso frontalmente, nudo e senza testa. Uno dei poliziotti vomitò anche l’anima. Un altro si precipitò in macchina per dare l’allarme via radio alla centrale. Il terzo estrasse inutilmente la pistola puntandola contro le ombre dei papiri della fonte.
In quei giorni era a Siracusa il famoso ispettore Callaghan, in giro per l’Europa a tenere corsi e conferenze di criminologia. “Dirty Harry” entrò nella morgue ed esaminò con lo sguardo il cadavere decollato adagiato su un lettino.
Senza aspettare domande, il medico legale spiegò: “Le hanno reciso la testa dal busto con un colpo solo, preciso e violento. L’assassino ha usato un’ascia o più probabilmente, dal tipo di taglio – ed è davvero incredibile – uno spadone di quelli in uso nell’antichità: un gladio o qualcosa del genere.”
“E dopo il corpo è stato trasportato alla Fonte Aretusa per fare un po’ di sceneggiata.” aggiunse Callaghan.
“Come fa a sapere che non è stata uccisa nel luogo dove è stata trovata?” chiese il medico.
“Ho semplicemente letto il rapporto degli agenti che l’hanno scoperta e la relazione della Scientifica in cui si sottolinea l’assenza quasi assoluta di macchie di sangue sul terreno.”
“Già, il delitto è avvenuto alcune ore prima, evidentemente in tutta tranquillità. Chi l’ha compiuto ha quindi deciso di rischiare di essere visto andandosene a zonzo con un cadavere senza testa. È assurdo!” commentò perplesso il medico.
Entrò un funzionario della Squadra Mobile: “Di là c’è una ragazza, una certa Dea, che vuole entrare a tutti i costi.”
“La lasci passare,” suggerì l’ispettore.
Alla vista del cadavere la giovane lanciò un urlo e, tra i singhiozzi, mormorò: “Lo sapevo che era lei… ho appreso la notizia da un notiziario televisivo e ho deciso di venire.”
“Perché ha pensato si trattasse di una sua conoscente?” la incalzò il funzionario.
“In tv hanno parlato di un tatuaggio vicino a una mano… sì, quel piccolo serpente sul polso sinistro…” indicò con un dito tremante la ragazza. Fattala sedere in un’altra stanza, Callaghan le diede un bicchiere d’acqua e attese paziente che si calmasse. Poi le chiese chi fosse la morta.
Le parole arrivarono a ruota libera, come a volere spezzare la tensione emotiva accumulata in precedenza: “L’ho conosciuta due sere fa in un pub di Ortigia. Mi ha raccontato che era appena arrivata dalla Grecia, da Atene, che ha… che aveva 22 anni, come me, e che studiava archeologia. Io invece studio Scienze politiche a Catania. Abbiamo trascorso piacevolmente un paio d’ore. Lei parlava in modo divertente della Grecia, degli studi di archeologia e dei miti antichi. Mi ha detto che alloggiava a casa di amici, ma si è mantenuta sul vago e ho ritenuto di non curiosare più di tanto. Quando ci siamo salutate le ho dato il mio numero di telefono. Avrebbe dovuto chiamarmi ieri sera.”
“Le ha detto almeno il suo nome?” la interruppe Callaghan.
Dea lo fissò negli occhi. “Sì… mi ha detto di chiamarsi Medusa… sì proprio Medusa come il mostro mitologico. Ma lei era bellissima.”
Un disegnatore di nome Mangiafico venne convocato in questura per ricostruire graficamente il volto della vittima attraverso le caratteristiche somatiche fornite da Dea: un viso leggermente ovale con un naso piccolo, labbra sottili, occhi di un verde intenso e capelli riccioli biondi. Nei due giorni seguenti l’identikit venne pubblicato sui giornali, trasmesso in video anche dalle emittenti nazionali, mostrato in giro dai poliziotti a gestori di locali pubblici, tassisti, conducenti di autobus. L’unico a ricordarsi di avere intravisto la ragazza dell’identikit fu il titolare dell’affollato pub “Presso Egopèa”, il posto dove Dea aveva raccontato di averla conosciuta. Per il resto, nulla. Le autorità diplomatiche e la polizia greca fecero sapere che non risultava alcuna persona scomparsa con quel nome e con quel viso.
Chi era realmente quella morta?
Callaghan fremeva ma non poteva più fermarsi a Siracusa, anche perché non era in grado d’indagare come avrebbe voluto per ovvi motivi d’incompetenza extraterritoriale. Stava sorseggiando un doppio whisky di malto seduto a un tavolino di uno dei bar di piazza Duomo, allorché due figure gli si pararono davanti.
“Permette ispettore? Avremmo delle notizie per lei,” esordì il più alto dei due, un uomo sui quaranta, con carpettina e giornali in mano che Callaghan squadrò attentamente sentendo puzza di giornalista.
L’altro dimostrava invece una cinquantina d’anni, calvo, con uno sguardo grifagno e un borsone sportivo a tracolla. L’ispettore sfoggiò uno dei suoi abituali mezzi sorrisi da duro, che lo rendevano somigliante come due gocce d’acqua all’attore Clint Eastwood, e fece segno ai tizi di accomodarsi.
Riprese a parlare lo stesso di prima: “Mi chiamo Carmine Maiorca e sono un intellettuale dello spaghetto. Lui è il mio amico Tony Carasi, poeta e mitologo.”
Callaghan socchiuse gli occhi pensando a come liberarsi immediatamente di quella strana coppia di spostati. “Piacere, io adesso devo però andare via perché…”
“Se ha la bontà di ascoltarci siamo in grado di aiutarla a risolvere il mistero della ragazza senza testa. E preferiamo parlarne con lei piuttosto che con la polizia locale.”
“Vi avverto che se è uno scherzo m’incazzo di brutto. Vi do tre minuti! Sono tutt’orecchi.”
Maiorca si accese una sigaretta e diede una leggera pacca sulla spalla di Carasi che attaccò: ”Ho lavorato per anni per un imprenditore di nome Scortese che mi pagava ogni tanto con qualche caffè. Ma questa è un’altra storia che le racconterò la prossima volta. Lo sa Callaghan che a uccidere Medusa, una delle tre terribili sorelle Gorgoni, fu l’eroe Perseo? Medusa era un mostro con delle serpi fischianti al posto dei capelli e dallo sguardo vitreo e iniettato di sangue che pietrificava chiunque la fissasse. Perseo entrò nel suo antro mentre lei dormiva. Assieme a lui, a proteggerlo, c’era la dea Atena che reggeva uno scudo di avorio da usare come specchio. Praticamente, senza guardare direttamente Medusa, che lo avrebbe reso di pietra, Perseo si orientò grazie all’immagine del mostro riflessa sullo scudo e le tagliò la testa con un solo colpo di spada. Dal sangue che sgorgò a fiotti dal tronco mutilato di Medusa si materializzò il cavallo alato Pegaso…”
“Tutto ciò è molto suggestivo ma i tre minuti sono trascorsi.”
“Stia calmo Callaghan. Se non la interessano le favole mitologiche guardi qua.” Carasi fece scorrere la chiusura lampo del borsone posto ai suoi piedi, aprendo quel tanto che bastò a mostrare il contenuto: una grande boccia chiusa ermeticamente con dentro la testa di Medusa conservata nella formalina.
Antonio Carasi &
Carmelo Maiorca