Riflessi di New York

Riflessi di New York - Un racconto di Antonio Carasi

Un giorno qualsiasi nella città più caotica del mondo, esattamente New York, si tenne a battesimo un delitto consumato nel quartiere di Harlem. Fu trovata morta una donna dai capelli biondi e dalle labbra rosse. Immediatamente venne chiamata la squadra omicidi e il suo capo, Callaghan. Era una mattina fredda e nebulosa e i flash delle macchine a quell’ora del giorno erano stanchi e ubriachi. Furono avviate le prime indagini, si fecero le prime domande ma il buio era così fitto e nefasto che niente traspariva dai pochi elementi a disposizione della polizia.Callaghan infine disse: “Devo fare una telefonata, dov’è il telefono?”
— Pronto, Milena, quando parti per Stoccolma?—
— Fra una settimana,— rispose dall’altro capo la voce.
— Va bene, aspettami in albergo, fra mezz’ora ci vediamo.—
Poi si rivolse agli agenti e disse: “Fate spostare il cadavere. Portatelo all’obitorio e non toccate niente.”
Arrivò in albergo un’ora dopo e Milena lo accolse con un sorriso, lo baciò sulle labbra e gli disse con un sussurro: “Amore, è venuto Sileno due minuti fa.”
“Che voleva?”
“La solita cosa,” rispose lei, “soldi, e poi voleva portarmi fuori in macchina a fare un giro.”
“Maledetto figlio di puttana. Adesso dov’è?” chiese Callaghan.
“È andato in quella specie di night che lui frequenta e che chiamano Floris Picture.”
“Va bene, ascolta bene: per un po’ di tempo non ci vedremo… almeno fino a quando tu non partirai per Stoccolma.”
“È successo qualcosa?”
“Sì, c’è stato un omicidio, la gatta da pelare è mia ed è meglio che non ci vedano insieme.”
“Va bene,” disse Milena chinando il capo, “ti telefono.”
“No, niente telefono! Ci vediamo tra una settimana.” E scese di corsa le scale, salì in macchina e scomparve tra la nebbia.
Un sole tiepido invernale traspariva tra le luci a papavero della città di New York e la gente, confondendosi tra i fogliami dei giardini e le distensioni dei suoni e dei rumori terrificanti della sera, si riversava nella tribalità della vita notturna e si perdeva nello spazio.
“Pronto… Callaghan,” disse la voce nell’altro capo del telefono, “sono il procuratore distrettuale, cosa è accaduto?”
“Un guaio,” disse il tenente, “hanno assassinato Wanda Simenon, l’attrice, ad Harlem. E adesso dobbiamo scoprire chi è stato oppure tutti i giornali ci saranno addosso.”
“Callaghan,” disse il procuratore, “questo è mestiere vostro… sbrigatevela.”
Le metropoli hanno un guaio: sono immense, calde ed enormi e cercare un uomo o una donna in una città come New York è come cercare il classico ago nel pagliaio.
Un giorno come un altro né più né meno! Un giorno di musica e tam tam… una sporca giornata per certi aspetti. Le mille domande di un tenente della Omicidi a volte sono come quelle di un prete: esiste o non esiste? Solo che il prete cerca Dio, e Callaghan cercava un assassino.
Il tenente arrivò al porto e vide l’uomo al quale aveva telefonato prima. “Bix, un giorno a scuola, quando ero alle elementari, incontrai per la festa di Carnevale un tale vestito da scimmia. Sai cosa pensai? Questo è il sindaco!”
“Ho capito,” disse l’uomo, perplesso. “e ora che vuoi da me?”
“Voglio sapere una cosa: quando ti arrestarono 15 anni fa per traffico di stupefacenti, chi ti interrogò in sezione?”
“Gesù Cristo,” rispose ridendo l’uomo, “è stato il sergente O’Tool e poi il giudice Marshall di Chicago.”
“Bene era questo che volevo sapere.” Callaghan si avviò di corsa in centrale e telefonò al giudice il quale gli confermò che dai fascicoli degli interrogatori di Bix risultava implicata Wanda Simenon.
“Era un’agente della Cia,” lo informò Marshall.
Tutto ciò che non è concepibile attraverso la ragione ha come natura di soluzione l’istinto… così pensava Callaghan mentre si dirigeva verso un vecchio teatro di Broadway…

Antonio Carasi

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